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LA BELLEZZA SVELATA

LA BELLEZZA SVELATA          

Un tondo inedito di Botticelli della Collezione Luzzetti         

Per la prima volta esposta l’opera del grande maestro del Rinascimento

Polo culturale Le Clarisse, Grosseto, dal 24 ottobre 2020 al 10 gennaio 2021

Inaugurazione Chiostro San Francesco 23 ottobre 2020 ore 17

Non è mai stato esposto al pubblico il tondo di Sandro Botticelli con la Madonna, Gesù bambino, san Giovannino e un angelo, protagonista della mostra “La bellezza svelata. in programma a Grosseto dal 23 ottobre 2020 al 10 gennaio 2021, presso il Polo culturale Le Clarisse. A cura di Giovanni Gazzaneo e Mauro Papa, la mostra rende per la prima volta visibile il grande dipinto che il collezionista e mecenate Gianfranco Luzzetti ha acquistato nel 1985 a un’asta di Christie’s, a Londra, per la sua collezione privata, da allora mai uscito dalla sua casa fiorentina di Borgo San Jacopo.

Realizzato dall’autore della Primavera e della Nascita di Venere con parziali contributi della sua bottega, il Tondo Luzzetti presenta evidenti affinità con il tondo con la Madonna con Bambino, san Giovanni Battista bambino, san Michele Arcangelo e san Gabriele Arcangelo conservato a Palazzo Pitti a Firenze. I due tondi sono identici nella composizione, a eccezione della figura dell’arcangelo Michele. Le diverse versioni e varianti di questa complessa composizione fanno ipotizzare l’esistenza di un prototipo botticelliano, purtroppo perduto, replicato nella bottega per il mercato della Firenze di Lorenzo il Magnifico.

Il tondo di Sandro Botticelli va quindi temporaneamente a riunirsi alle opere donate nel 2017 da Gianfranco Luzzetti alla città di Grosseto, momento conclusivo di un percorso avviato nel 1996 con la mostra “L’eredità riconosciuta” allestita presso il Cassero Senese.

Il corpus principale della collezione del Museo Luzzetti, allestito nel complesso delle Clarisse, riguarda infatti l’arte fiorentina del Seicento. Oltre a un nucleo di quattro dipinti firmati da Pier Dandini– pittore a cui è dedicata un’intera sala del museo – il percorso espositivo presenta opere pienamente seicentesche riferibili a Giovanni Martinelli, Jacopo Vignali, Francesco Curradi, Giovan Battista Vanni, Matteo Bonechi e Pietro Tacca, anticipate cronologicamente da lavori attribuiti al Passignano, Santi di Tito e Cigoli.

Per l’occasione è pubblicato il catalogo “La bellezza svelata. Botticelli sacro e il Tondo Luzzetti”, con testi di Alessandro Beltrami, Giovanni Gazzaneo, Mauro Papa, Timothy Verdon. Il volume è edito da Crocevia.

La mostra “La bellezza svelata” viene realizzata in occasione della V Settimana della Bellezza, festival culturale promosso dalla Diocesi di Grosseto e Fondazione Crocevia, in collaborazione con il Comune, “Avvenire”, “Luoghi dell’Infinito” e il Polo Universitario. 

La bellezza svelata

Un tondo inedito di Botticelli dalla Collezione Luzzetti

A cura di Giovanni Gazzaneo e Mauro Papa

Polo culturale Le Clarisse, Via Vinzaglio 27 – Grosseto

23 ottobre 2020 – 10 gennaio 2021

Per info: 0564/488066 – 067 – 547

collezioneluzzetti@gmail.com

www.clarissegrosseto.it 

www.fondazionecrocevia.it

 

 

 

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Estratti dai testi del volume “La Bellezza svelata. Botticelli sacro e il Tondo Luzzetti”

Mauro Papa, curatore, storico dell’arte, direttore del Polo culturale Le Clarisse (Grosseto)

«Il tondo raffigura una Madonna con Bambino, San Giovannino e San Gabriele Arcangelo (tempera su tavola, diametro cm.85) ed è stato acquistato da Gianfranco Luzzetti nel 1985 ad un’asta Christie’s, a Londra, per la sua collezione privata. Da allora non è mai stata esposto in una mostra. La scheda del catalogo Christie’s lo riferiva alla bottega di Botticelli. L’alta qualità di alcuni importanti dettagli, come il volto della Vergine e le mani sinuose ed eleganti, fa invece supporre l’intervento diretto del maestro, pur non giustificando l’autografia assoluta. Il tema iconografico, che riflette lo spirito “affettuoso” peculiare della produzione della bottega di Botticelli alla fine del Quattrocento, riprende un soggetto giovanile modulato sugli esempi più rigidi e distaccati di Filippo Lippi. Per una corretta datazione e contestualizzazione culturale del tondo Luzzetti è necessario citare il tondo con Madonna con Bambino, San Giovannino, San Michele Arcangelo e San Gabriele Arcangelo (tempera su tavola, diametro cm.115) conservato a Palazzo Pitti a Firenze. I due tondi sono identici nella composizione, ad eccezione della figura dell’Arcangelo Michele che nel tondo Pitti compare alle spalle di San Giovannino. Tradizionalmente attribuito al Botticelli, il tondo Pitti è oggi giudicato dalla critica come opera di bottega con un possibile intervento finale del maestro. Le varie versioni e varianti di questa complessa composizione, di cui non si conosce la provenienza, fanno ipotizzare l’esistenza di un prototipo botticelliano, purtroppo perduto, riprodotto nella bottega per il mercato. Entrambi i tondi (Pitti e Luzzetti) esprimono un linguaggio che Botticelli aveva sviluppato intorno al 1485 e l’eventuale prototipo potrebbe essere datato alla fine dell’ottavo decennio. Questo prototipo autografo, a mio avviso, avrebbe dovuto riportare una composizione priva della figura dell’arcangelo Michele che, nel tondo Pitti, sembra congestionare lo spazio togliendo respiro allo sfondo paesaggistico. La composizione del tondo Luzzetti, invece, sembra più equilibrata e simmetrica, quindi più vicina all’ipotetico prototipo di cui costituirebbe – negli anni novanta del Quattrocento – una preziosa replica priva di varianti […].

Per definire la storia del dipinto, inoltre, è utile ricordare come la scheda Christie’s del 1985 citi anche quattro certificati di autenticazione che, riferendo il tondo alla mano del Botticelli, hanno accompagnato l’opera nel corso del Novecento: una copia fotostatica autenticata, in data 24 Il Tondo Luzzetti Mauro Papa 49 marzo 1951, dallo storico dell’arte e mercante Kurt Steinbart (Berlino 1890 – Roma 1981); un certificato datato 23 aprile 1951 e firmato da Carlo Hautmann, storico dell’arte e collezionista fiorentino; una copia fotostatica del 3 novembre 1951, autenticata da Dirk Hannema (Batavia, Indonesia 1895 – Wijhe, Paesi Bassi 1984), direttore dal 1921 al 1947 del Museo Boijmans di Rotterdam; infine un’autentica più recente datata 26 ottobre 1970 e firmata da Didier Bodart, celebre storico dell’arte, nato in Belgio nel 1942, che aveva uno studio a Roma6 . Se i quattro certificati di autenticità riferivano il tondo all’integrale paternità di Sandro Botticelli, il compilatore della scheda del catalogo Christie’s, nel 1985, più cautamente lo attribuiva alla bottega del maestro, a cui fa riferimento anche la citata scheda di catalogo della Fondazione Zeri. Ma l’alta qualità di importanti dettagli pittorici – come il volto della Vergine (derivato dal modello della Primavera e della Madonna della Melagrana) o le mani sinuose ed eleganti – fa supporre l’intervento diretto del maestro, pur non giustificando l’autografia assoluta […] ».

Giovanni Gazzaneo, curatore, presidente di Fondazione Crocevia e responsabile di “Luoghi dell’Infinito”

«Tutto in Botticelli è grazia e mistero. Grazia che contraddistingue le sue figure “allungate” (forse ispirate dalle figure di Adamo ed Eva dipinte da Masolino e Masaccio nella cappella Brancacci): così poco sensibili alle leggi di gravità, sembrano lì lì per elevarsi e proiettarsi verso quel cielo in cui la terra trova fecondità e compimento. E poi il mistero. Quello che affonda le sue radici nella notte dei tempi e riporta in vita la mitologia arricchita dalle allegorie degli umanisti. E quello della presenza del divino nella storia degli uomini: la Madonna con il Bambino – soggetto particolarmente amato e più volte raffigurato dal maestro rinascimentale –, la Natività, il Compianto, l’Incoronazione della Vergine… Botticelli, come afferma Giulio Carlo Argan, è il primo pittore che tende al bello come fine supremo e per questa ragione la Primavera e la Nascita di Venere le icone del Rinascimento, più ancora della Monna Lisa e di qualunque altro capolavoro che tra Quattrocento e Cinquecento sia stato concepito. Sono opere che segnano la svolta di un’epoca, e sono capaci di accogliere nella bellezza di forme e colori lo spirito del tempo: la poesia di Poliziano, il neoplatonismo di Marsilio Ficino, la gloria dei Medici […].

Botticelli è tutto questo: “il greco risuscitato” – come amava chiamarlo John Ruskin – in giovinezza e nell’età adulta, e un mistico nella maturità. Come un monaco ama la stabilitas e le sue radici: non lascerà mai Firenze, tranne che per un breve periodo passato a Roma a decorare la Cappella Sistina. […]. Tanti han parlato della sua melanconia. Carlo Bo poneva il “velo”, che Botticelli stendeva sui suoi bellissimi volti, come chiave interpretativa dell’opera del maestro: «Ora è proprio questo velo a consentirci la forma più alta di accostamento all’arte del Botticelli, è questo velo a farne uno degli interpreti dell’animo umano in senso assoluto. Quando poi l’artista raggiungerà il limite della piena maturità, riuscirà a condensare in una stessa figura la composizione architettonica e la soluzione, l’estenuazione sentimentale». Forse è più che un velo di melanconia: è la capacità di contemplazione che gli permette di fermare linea, colori e movimento, in un equilibrio che va oltre la pura composizione, e tutto si concentra in quello sguardo fermo e sereno sempre proiettato verso un oltre invisibile agli occhi, ma origine e fine dell’essere. La bellezza di Botticelli vince il tempo perché non è sogno: è spirito incarnato e omaggio allo Splendore. […]  La gloria del corpo plasmata dai grandi maestri del Rinascimento è quella che scaturisce da Dio che si fa uomo. E la bellezza a cui dà espressione Botticelli, se da un lato guarda idealmente alla perfezione impossibile dei maestri greci, dall’altro attinge al Signore della vita rinnovando i canoni della tradizione medioevale, ma sempre nel duplice segno dell’Ecce Homo e del Risorto, dell’unica bellezza che abbraccia tutto l’uomo e Colui che dell’uomo si è fatto figlio. […] La bellezza cristiana non è sogno, non è utopia, è contemplazione del volto del mistero di Cristo nella sua triplice dimensione: il volto dell’Incarnazione, la bellezza disarmante del Bambino di Betlemme; il volto della Passione e del Crocifisso, il Dio che muore perché ama sino alla fine; il volto del Risorto, la bellezza della Gloria e della vita nuova. La bellezza cristiana è questo abbraccio umanissimo e infinito insieme, dove nulla si perde e “tutto è grazia”. La straordinaria lezione che ci viene dal Rinascimento è dunque nel segno di una bellezza viva […]».

Timothy Verdon, storico dell’arte, direttore del Museo dell’Opera di Firenze

«Noto riduttivamente per le sue “magiche” Madonne e per le allegorie mitologiche realizzate per grandi famiglie fiorentine, in realtà Sandro Botticelli fu tra i più versatili artisti della fine del Quattrocento: un pittore profondamente segnato dalla spiritualità savonaroliana e al contempo il poetico interprete dell’erudizione umanista; l’illustratore della Commedia dantesca nell’edizione di Cristoforo Landino; il ritrattista; il direttore di una prolifica bottega. Nato nel 1445, questo coetaneo senior di Domenico Ghirlandaio e Leonardo da Vinci aveva, come Leonardo, studiato con Andrea del Verrocchio (dopo il 1466, anno della partenza del suo primo maestro, fra Filippo Lippi, per Spoleto). Morì nell’alto Rinascimento: nel 1510, quando un altro fiorentino, Michelangelo Buonarroti, stava dipingendo la volta della Cappella Sistina dove Sandro aveva lavorato trent’anni prima. Lo spessore umano, cristiano e artistico del Botticelli emerge chiaramente in opere tardive come il Compianto sul Cristo morto, della metà degli anni Novanta del Quattrocento, quando Sandro già da tempo seguiva gli insegnamenti penitenziali del “Profeta di Dio”, come i fiorentini chiamavano il frate domenicano ferrarese Girolamo Savonarola. In quest’opera non grande, forse intesa per un piccolo altare, Botticelli immagina il sepolcro come una grotta il cui ingresso incornicia le figure convulse intorno al cadavere del Salvatore. Lo sfinimento della Vergine, l’identificazione emotiva delle pie donne, e l’intensa partecipazione dei personaggi maschili danno alla scena una tragicità praticamente teatrale; indimenticabile la figura dolente di Giuseppe d’Arimatea (all’apice del gruppo centrale) che, mostrando la corona di spine e i chiodi, sembra chiedere a Dio: “Perché?”-

L’opera più rappresentativa di quest’ultimo periodo è la Natività mistica, realizzata due anni dopo l’esecuzione del Savonarola, arso sul rogo in Piazza della Signoria nel 1498. L’opera su tela, alta 108 centimetri, ha un’iscrizione in greco sopra la scena, che dice: «Questo dipinto, sulla fine dell’anno 1500, durante i torbidi d’Italia, io Alessandro dipinsi nel mezzo tempo dopo il tempo, secondo l’undicesimo di San Giovanni, nel secondo dolore dell’Apocalisse nella liberazione di tre anni e mezzo del diavolo; poi sarà incatenato nel dodicesimo e lo vedremo come in questo dipinto». I “torbidi d’Italia” erano forse le invasioni della penisola da parte di Carlo VIII e Luigi XII di Francia, e, anche se i quarantadue sermoni del Savonarola sull’Apocalisse sono perduti, sopravvivono quelli natalizi degli anni 1493 e 1494, in cui il Profeta esortava i fiorentini a fare della loro città una nuova Nazareth, radunandosi intorno al presepio insieme a Maria e alle tre fanciulle “Grazia”, “Verità” e “Giustizia”, che nel dipinto sono forse rappresentate dai tre angeli sul tetto della capanna, sopra la Madre e il Bambino. L’ardore estatico della Vergine, l’intensa emotività dei personaggi in primo piano che abbracciano degli angeli, il ballo di altri angeli nel cielo dorato sopra la capanna, hanno il sapore del millenarismo savonaroliano, che vedeva nell’era nascente il tempo della promessa vittoria del Bene sul Male di cui parla l’Apocalisse […]». 

Alessandro Beltrami, storico dell’arte e giornalista di “Avvenire”

«È Alessandro Filipepi il vero nome di Sandro Botticelli, il più giovane dei figli di Mariano di Vanni, conciatore, e di sua moglie Smeralda, venuto alla luce in via Nuova (oggi via della Porcellana) a Firenze nell’anno 1445. Fu il fratello Giovanni il primo a essere chiamato Botticello, soprannome poi esteso anche a Sandro e agli altri fratelli. Giorgio Vasari racconta che da fanciullo Sandro era svogliato negli studi, «di maniera che il padre, infastidito di questo cervello sì stravagante, per disperato» lo mise a bottega da un orafo (probabilmente in realtà da un fratello di Sandro, Antonio, di professione battiloro). Vasari racconta poi come il ragazzo, che «era destra persona e sì era tutto volto al disegno, invaghitosi della pittura, si dispose volgersi a quella». Entra perciò nella nutrita bottega di Filippo Lippi probabilmente intorno al 1461-1462 (per altri nel 1464), e collabora alle ultime scene delle Storie di santo Stefano e san Giovanni Battista nella cappella maggiore del duomo di Prato. L’apprendistato termina probabilmente nell’aprile del 1467, quando Lippi parte per Spoleto, ma il rapporto di alunnato dovette essere intenso: il Vasari osserva come Sandro «seguitò ed imitò sì fattamente il maestro suo, che Fra Filippo gli pose amore, ed insegnogli di maniera, che e’ pervenne tosto ad un grado che nessuno lo avrebbe stimato». Botticelli dimostrò la sua gratitudine per il maestro accogliendone alla morte (1469) il figlio Filippino ed educandolo alla pittura. Lo stile del giovane Botticelli mostra per altro evidenti legami con quello del Lippi, tra derivazioni dirette (come la Madonna col Bambino e un angelo, del 1465 circa, dello Spedale degli Innocenti, la prima opera a lui attribuita) e scelte linguistiche come il linearismo della figura e le tipologie fisionomiche. Su queste caratteristiche Una vita sul crinale del Rinascimento Alessandro Beltrami 73 a partire dalla fine degli anni ’60 si insediano nuove influenze legate soprattutto alle ricerche del Verrocchio, del quale Botticelli frequenta la bottega a fianco di Leonardo, di sette anni più giovane: uno sviluppo più vigoroso e plastico della forma, mentre un naturalismo temperato consente all’artista di sviluppare in profondità l’espressione degli stati d’animo. Sandro Botticelli diventa maestro indipendente nel 1470 […]».

Lo spirito di Botticelli in due citazioni

Giorgio Vasari, Le Vite, 1568 

“Meritò dunque Sandro gran lode in tutte le pitture che fece, nelle quali volle mettere diligenza e farle con amore». 

Bernard Berenson, The Italian Painters of the Renaissance, 1896

“In genere il tema e la rappresentazione stessa erano talmente estranei al Botticelli, che lo si direbbe ossessionato soltanto dall’idea di comunicare valori incorporei di tocco e movimento. Esiste infatti un modo per esprimere i valori plastici, quasi al di fuori d’ogni riferimento materiale: consiste nel tradurli quanto più fedelmente possibile in valori di movimento. […] Immaginiamo un’arte tutta quanta formata di codeste quintessenze del movimento: si avrà qualcosa che, rispetto alla rappresentazione della forma, presenta l’identico rapporto intercorrente fra musica e linguaggio. Quest’arte esiste e si chiama decorazione lineare. Nell’ambito di essa il Botticelli può avere avuto rivali in Giappone o altrove nell’Oriente; in Europa no». 

 

 

 

Sandro Botticelli, biografia breve

Sandro di Mariano Filipepi detto il Botticelli nasce a Firenze nel 1445. Tra il 1461 e il 1464 entra nella bottega di Filippo Lippi, dal quale mutua il gusto per il linearismo della figura e le tipologie fisionomiche. È questa la base stilistica sulla quale svilupperà, a partire dalle esperienze del Verrocchio e del Pollaiolo, una energia della forma e un naturalismo temperato che gli consentono di approfondire l’espressione degli stati d’animo.

Nel 1470 gli arriva la prima commissione ufficiale, la virtù della Fortezza per il Tribunale della Mercanzia di Firenze. Il capolavoro della fase giovanile del pittore è l’Adorazione dei Magi (Uffizi), in cui si rivelano ormai a pieno l’eleganza del ritmo e la vigorosa tavolozza cromatica. L’opera, insieme ad altri dipinti come il Ritratto d’uomo con medaglia di Cosimo il Vecchio, testimoniano l’ingresso dell’artista nella cerchia e nella cultura neoplatonica dei Medici.

Alla committenza di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, detto il Popolano, cugino di secondo grado del Magnifico, si deve la realizzazione della Primavera (1482), opera iconica del Rinascimento fiorentino e manifesto dello stile di Botticelli; un altro capolavoro come la Nascita di Venere (1485 circa) ne manifesta invece l’avviata crisi, tra irrigidimento delle forme e venir meno della prospettiva. Accanto ai soggetti mitologici continua la produzione sacra, con il Sant’Agostino della chiesa fiorentina di Ognissanti e i numerosi tondi, tra cui eccelle la Madonna del Magnificat (1481).

Tra 1480 e 1482 lavora a Roma con il Perugino, Cosimo Rosselli e Domenico Ghirlandaio alla decorazione della Cappella Sistina. Durante il soggiorno nell’Urbe studia i monumenti antichi che poi impiegherà come sfondo architettonico nelle sue opere.

Il 1482 è anche la data dell’arrivo a Firenze di Savonarola, la cui predicazione tra rigore morale e millenarismo ha un effetto progressivo su Botticelli. La crisi religiosa si manifesta con forza a partire dalla fine del decennio in dipinti come l’Annunciazione di Cestello e la Pala di San Marco, dove lo stile drammatico presenta numerosi arcaismi. Dipinto spartiacque dell’ultima fase è La Calunnia (1491-1495), dove forme e ritmi spezzati sono rivestiti di colori lividi.

Il Magnifico muore nel 1492, e nel 1494 i Medici vengono cacciati da Firenze. Savonarola viene processato, impiccato e bruciato sul rogo nel 1498. Ma mentre la città ritorna alla normalità, Botticelli continua la sua traiettoria fuori dal Rinascimento. I suoi dipinti si fanno sempre più rari e radicali, fino alla apocalittica Natività mistica del 1501 (Londra, National Gallery). Poi quasi più nulla.

Sandro Botticelli muore a Firenze il 27 maggio 1510.

 

 

 

Gianfranco Luzzetti, biografia

Gianfranco Luzzetti Gianfranco Luzzetti nasce a Giuncarico, piccolo paese nel cuore della Maremma toscana, nel 1932. Trasferitosi a Grosseto, città di origine dei suoi genitori, si stabilisce poi a Roma, dove prosegue gli studi ed entra in contatto con il mondo dell’arte, e in seguito a Milano, per terminare il servizio militare. Dopo aver aperto un piccolo negozio di arti decorative in via Morone a Milano, Luzzetti si dedica ai dipinti e alle sculture antiche – diventando egli stesso un appassionato e competente collezionista – e sposta l’attività commerciale nel luogo più prestigioso della città: via Montenapoleone. Da questo momento le relazioni dell’antiquario con i direttori dei maggiori musei del mondo si intrecciano a quelle con gli intellettuali più celebri dell’epoca. Organizza grandi mostre in tutta Italia (da Palazzo Grassi a Venezia al Palazzo Reale di Milano) e nei primi anni Ottanta, ormai conosciuto a livello internazionale, si trasferisce a Firenze nel duecentesco palazzo di via Borgo San Jacopo, che rappresenta la sede della sua nuova galleria e la personale “casa-museo” dove allestisce una importantissima collezione d’arte privata. Nel capoluogo toscano, dove tuttora risiede, contribuisce al rinnovamento della Biennale Mostra Mercato di Palazzo Strozzi e alla riscoperta e rivalutazione, insieme a importanti storici dell’arte – tra cui Piero Bigongiari e Mina Gregori – del cosiddetto “Seicento Fiorentino”. Dopo la chiusura della sua galleria, Luzzetti si dedica all’attività editoriale pubblicando prestigiose monografie (da menzionare quella dedicata a Francesco Furini curata da Giuseppe Cantelli) e a un ambizioso progetto di valorizzazione dell’arte e mecenatismo che coinvolge la sua città d’origine, Grosseto: dopo aver realizzato presso il Cassero Senese, nel 1996, una mostra di antiquariato (“L’eredità riconosciuta”), Luzzetti ha curato presso il Museo Archeologico e d’Arte della Maremma cinque mostre: “Il lascito Luzzetti” del 1999, “Teatralità nel barocco fiorentino” (2007), “La Bella Maniera in Toscana” (2008), “Signori di Maremma” (2009) e “Bellezza e religiosità in Ludovico Cardi detto il Cigoli” (2012). Nel 2018 ha donato alla città di Grosseto sessantasette opere d’arte antica per il nuovo “Museo Collezione Gianfranco Luzzetti”, inaugurato nel 2019 all’interno del Polo culturale Le Clarisse.