Dal 26 ottobre all’1 dicembre
Grosseto
Max Mandel. Sguardi di luce
MAX MANDEL
Sguardi di luce
mostra a cura di Giovanni Gazzaneo e Mauro Papa
Polo culturale Le Clarisse
Museo Archeologico e Diocesano
Grosseto
26 ottobre – 1 dicembre 2024
Inaugurazione sabato 26 ottobre, ore 17, Sala conferenze, Polo culturale Le Clarisse, via Vinzaglio 27, Grosseto
Il progetto della mostra è di Fondazione Crocevia con Fondazione FLR
“Max Mandel è un occhio: sa vedere. Sono stato sempre affascinato dalla realtà assoluta, questo rispetto per la verità quotidiana che solo il Realismo ci può dare.
È scoprire un mondo nuovo, e un’arte di tutto rispetto, il vedere questa realtà dettagliata cólta da Max Mandel, e accorgersi che è un’opera d’arte assoluta, e al tempo stesso una particella autentica della nostra vita quotidiana. Questa è la grande Arte, questo è il dono rarissimo”.
Henri Cartier-Bresson, 1990.
La realtà può essere molte cose nello stesso momento. Basta saperla guardare nel segno della meraviglia: un percorso a cui vi invita la mostra “Max Mandel. Sguardi di luce” a cura di Giovanni Gazzaneo e Mauro Papa. Mandel (Milano, 1959) espone centoventi fotografie a Grosseto al Polo culturale Le Clarisse (via Vinzaglio 27) e al Museo Archeologico e Diocesano (piazza Baccarini 3), dal 26 ottobre al 1 dicembre 2024. Sei le sezioni in cui sono suddivise le immagini: Sguardi di luce, Istanti, Incontri, Architetture, Forme senza tempo, L’altra metà del lavoro.
In Sguardi di luce Mandel coglie particolari, anche minimi, e li traduce in immagini quasi astratte: giochi di luce e ombra su una parete, fiori in una vasca, aerei di carta in volo nella Galleria Vittorio Emanuele a Milano… Immagini raccolte nel corso di numerosi viaggi, dall’Europa, al Medio Oriente, all’Asia. Istanti raccoglie una serie di fotografie realizzate tra il 2016 e il 2107 con il telefono cellulare. Con Incontri protagoniste sono le persone. In Oltre la superficie l’occhio del fotografo si sofferma sulle suggestioni legate alle linee e ai volumi degli edifici, mentre in Forme senza tempo protagonista è la scultura. Infine, L’altra metà del lavoro raccoglie la ricerca di Mandel sul lavoro femminile: una serie di intensi ritratti in bianco e nero. Lo sguardo fugge un approccio retorico e la persona si offre in dialogo con il fotografo proponendo oggetti o simboli legati alla sua attività.
«Lo sguardo di Mandel – scrive il curatore della mostra Giovanni Gazzaneo – è mosso dalla passione della bellezza del quotidiano. Capace di coniugare sapere e vedere, vuole offrirci della realtà non la superficie, che per quanto abbagliante è pur sempre scorza, ma l’essenza, la sua poesia più intima». Nei ritratti in bianco e nero o nella meraviglia cromatica di un particolare, alla base degli scatti di Max Mandel è sempre la realtà.
Accompagna la mostra un ebook di 350 pagine, con testi, tra gli altri, di Antonia Arslan, Giovanni Gazzaneo, Laura Leonelli, Edoardo Milesi, Arnoldo Mosca Mondadori, Guido Oldani, Marco Roncalli, Davide Rondoni, Santo Versace, Zingonia Zingone, Stefano Zuffi.
Biografia
Max Mandel è nato a Milano il 3 ottobre 1959. Fotografo e ricercatore iconografico, i suoi ambiti abbracciano la ripresa e documentazione di opere d’arte, le immagini di paesaggio, i contesti urbani e architettonici. Nel corso della sua attività ha compiuto ripetuti viaggi in Europa, Asia e Americhe. Dal 1988 al 2005 ha curato la documentazione fotografica delle campagne di scavo in Giordania dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme. Impegnato nella divulgazione della storia della fotografia, si occupa con particolare riguardo del periodo della sua nascita e dei primi sviluppi nel XIX secolo. Alle fotografie di documentazione affianca quelle di carattere artistico. La sua ricerca percorre più strade, confluite nelle raccolte: Sguardi di luce, Appunti di Viaggio, L’altra metà del lavoro, Il Tigri e l’Eufrate, Viaggio in Italia, Ritagli di tempo, Decoupage, Cartoline da Street View. Fra le esposizioni, citiamo: Museo d’Arte Moderna, Konya (Turchia), 1986; Villa Pasole, Feltre, 1993; Consolato Generale degli Stati Uniti d’America, Milano, 1996; Biblioteca d’Arte del Castello Sforzesco, Milano, 2001; Zoom International Photographic Exhibition, Tokyo e Atami (Giappone), 2004; Museo Nazionale di Fotografia, Brescia, 2005; Università Selgiuchide, Konya (Turchia), 2007; Museo di Mevlana, Konya, 2008; Sala del Podestà, Rimini, 2008; Ambasciata d’Italia a Kabul (Afghanistan), 2008; Galleria d’Arte della Camera di Commercio di Chieti, 2014; Ocra, Montalcino, 2018.
Le sue fotografie figurano in volumi e pubblicazioni di case editrici italiane ed estere.
MAX MANDEL
L’altra metà del lavoro/Appunti di viaggio
a cura di Giovanni Gazzaneo e Mauro Papa.
Un progetto di Fondazione Crocevia in collaborazione con FLR
Grosseto, Polo culturale Le Clarisse (via Vinzaglio 27), Museo Archeologico e Diocesano (piazza Baccarini 3), 26 ottobre – 1 dicembre 2024
Orari:
POLO CULTURALE LE CLARISSE
lunedì-venerdì 10-13/17-20
sabato e domenica 10-13/16-19
MUSEO ARCHEOLOGICO E DIOCESANO
fino al 31 ottobre:
martedì-venerdì 10.30-17
sabato, domenica e festivi 10-13/16-19
dall’1 novembre:
martedì-venerdì 9.30-13.30
sabato, domenica e festivi 10-13/16-19
Sabato 26 ottobre alle 10.00, nella Sala Friuli, piazza San Francesco 2, Grosseto, incontro degli studenti con Max Mandel, Giovanni Gazzaneo, presidente di Fondazione Crocevia e coordinatore di “Luoghi dell’Infinito”, e Mauro Papa, direttore del Polo culturale Le Clarisse, Luca Giannini, direttore del Museo Archeologico e d’Arte Sacra della Diocesi di Grosseto.
Per info e prenotazioni:
0564 488066-067-547 collezioneluzzetti@gmail.com
0564 488752 accoglienzamaam@gmail.com
Facebook: Settimana delle Bellezza – Grosseto
www.fondazionecrocevia.it
MAX MANDEL, ESTRATTI DAI TESTI CRITICI
Henri Cartier-Bresson, 1990
Maximilien Mandel c’est un œil: il sait voir. J’ai été toujours fasciné par la réalité absolue, ce respect pour la vérité quotidienne qui ne peut nous être donnée que par le Réalisme. C’est découvrir un monde nouveau, et un art de tout respect, que de voir cette réalité détaillée saisie par Maximilien Mandel, et de s’apercevoir qu’elle est une œuvre d’art absolue, tout en étant une parcelle authentique de notre vie quotidienne. C’est ça le grand Art, c’est ça le don rarissime.
Max Mandel è un occhio: sa vedere. Sono stato sempre affascinato dalla realtà assoluta, questo rispetto per la verità quotidiana che solo il Realismo ci può dare.
È scoprire un mondo nuovo, e un’arte di tutto rispetto, il vedere questa realtà dettagliata cólta da Max Mandel, e accorgersi che è un’opera d’arte assoluta, e al tempo stesso una particella autentica della nostra vita quotidiana. Questa è la grande Arte, questo è il dono rarissimo.
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Giovanni Gazzaneo
Lo sguardo di Max Mandel è mosso dalla passione della bellezza del quotidiano. Capace di coniugare sapere e vedere, vuole offrirci della realtà, non la superficie – che per quanto abbagliante è pur sempre scorza – ma l’essenza, la sua poesia più intima. Quella poesia che anima il bambino e lo fa gioire del mondo nuovo (eppure sempre uguale) che ogni giorno si schiude ai suoi occhi. Lo stesso mondo che noi adulti riduciamo a routine. Le immagini di Appunti di viaggio nascono dalla libertà dello sguardo, quella libertà che non si fa imprigionare nella rassegnazione degli schemi, del già visto, ma si lascia sorprendere per aprirsi allo stupore. Mandel riesce a cogliere la trama della realtà, il suo essere complessa e sfaccettata, e la riporta a unità essenziale proprio nel frammento, dove gli elementi non si perdono, non vengono negati, ma trovano la loro forma più vera. Nel fascino assoluto della sinfonia di colori, nelle ombre in movimento, nelle prospettive inattese, nel gioco dei volumi si intravede la gioia del fanciullo e insieme la virtù del cercatore: essere vigile.
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Laura Leonelli
Diceva Walker Evans che «una buona fotografia non ha pretese». Verbo difficile, pretendere. Pretendere giustizia, certo, nobilissimo, ma poi c’è la pretesa, volere avere ragione a tutti costi, imporsi. E allora è gesto e parola scomposta, persino sguardo scomposto. Rumore inutile. Come le immagini di Walker Evans, anche le immagini di Max Mandel non pretendono, non alzano la voce, ma con garbo indicano un cammino a noi che le ammiriamo. Il cammino che suggerisce questo autore così sensibile, così discreto anche quando i colori squillano, è un attraversamento, non un semplice guardare attraverso gli schermi, i filtri, le materie, le opacità del quotidiano, cercando di rimuoverle come ostacoli fastidiosi, ma al contrario, umanamente, umilmente, comprendendo nell’immagine quelle stesse materie opache, traslucide, deformanti, riflettenti.
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Edoardo Milesi
Un racconto continuo in questa sua personale, quasi un diario dove i dettagli sono sempre complessi, gli spazi sempre luoghi, i ritratti paesaggi interiori. Gli oggetti sono appunti di un viaggio che si compie col cuore più che con la mente. Ed è col cuore che Max ha viaggiato in questi anni, viaggi in giro per il mondo tra architetture, archeologie, paesaggi naturali e antropizzati, e poi nel mondo dell’arte, sempre con una grande onestà, un rispetto per quello che rimarrà nella sua Nikon, che siano uomini o cose, alberi o mestieri, perché si può essere virtuosi – e lui lo è –, ma virtuosi e leali sono due doti difficili da trovare assieme.
Ecco, se dovessi definire le sue fotografie le definirei prima di tutto oneste, belle perché leali e profonde.
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Arnoldo Mosca Mondadori
L’arte di Max Mandel nasce dal mistero, un mistero che sempre, all’improvviso, si sprigiona in un sorriso stupendo.
È come se nella sua arte tutto potesse perdersi, perché Mandel non trattiene nulla. Le cose appaiono, i loro tratti si compongono, ma mai neppure per un istante Mandel mette prima se stesso. È come se un istante prima di fotografare lui sparisse.
Ecco allora che le forme, anche le più perfette, portano in loro un equilibrio di bellezza, un suono, e sempre un indecifrabile colore.
Davvero l’arte può essere così intimamente unita all’anima di un artista, che il suo sorriso e il suo stupore continuano a vivere anche quando l’immagine sembra essere stata scattata. Ma niente invece è stato immortalato.
L’arte di Max Mandel scorre come acqua piena di limpidezza.
L’arte di Max Mandel è un incontro con il mistero della vita e della morte e della speranza.
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Guido Oldani
Quando guardo le opere iconografiche di Max Mandel, mi balza subito un’osservazione che diventa poi una dichiarazione di poetica. Le sue immagini sono spesso la rappresentazione di un confine, di più confini magari convergenti in un punto. Qualcosa come le proiezioni ortogonali o le assonometrie, ma in una liberalità che approda a un raccoglimento. I colori sono miti, tenui, quasi sussurrati, per far capire che i significati non hanno bisogno del clamore, perché una virgola è più importante di un intero sisma. Se di cannocchiale si tratta, quello usato da Mandel è rovesciato, per allontanare la visione in modo da renderla complessiva. Ma è nei pressi di questa complessività che Mandel la lascia da parte, sicuro che il dettaglio è evocativo almeno quanto il tutto. Ecco allora che un’antologia delle sue fotografie, non è altro che la confidenza dell’interezza. È lì che si scova la ragione dell’emozione intrinseca a questo lavoro poetico
——
Marco Roncalli
Sono convinto che i risultati del lavoro di Max Mandel sappiano riflettere una singolare capacità evocativa di significati come civiltà, fede, bellezza, che rimandano all’uomo, anche quando si tratta di immagini di pietre oppure oggetti, o che rimandano a percorsi di ricerca interiore, anche se in apparenza mostrano orizzonti e distese. Ma sono altrettanto consapevole che l’occhio di Max può accompagnarci a scoprire ciò che è o potrebbe essere “altro” da ciò che appare, ad andare oltre la superficie, rivelando, tramutando, trasfigurando con un click che è solo l’ultimo istante di una riflessione.
——
Stefano Zuffi
Semplicemente, Mandel usa il microscopio del cuore e apre l’obiettivo della mente. Le sue immagini possono evocare la poesia liofilizzata e rarefatta di un haiku giapponese o la vibrazione impressionista di un’acqua increspata di Monet; portare alla mente gli idilli leopardiani, alla ricerca dolcissima e insieme quasi disperata di un accordo universale con la natura; o anche tradurre in immagini attuali le intuizioni “quasi astratte” pittoriche di De Staël o un reticolo di segni che si intrecciano come in un dripping di Pollock. Però, tracciare un diagramma geografico “orizzontale” dei possibili riferimenti visivi fa torto alla forza “verticale” degli scatti di Max Mandel, alla loro singola, individuale intensità: una varietà di forme, di accenni, di atmosfere che si fondono lievemente in giorgioneschi accordi di luce-colore. Sempre con quel tono stupito e grato di chi si trova, quasi per caso o per fortuna, di fronte a una scheggia preziosa e fragile dell’immensa bellezza del mondo.
——
Nel tuo sguardo
viandante
di Davide Rondoni
Il protagonismo
è delle intersezioni, la foto
non celebra nessuno, nessuno
è al centro, tutto
partecipa all’antecedente
visione del creato – e ora
sfocata o marginale
si rivela si vela fa vela
nel tuo sguardo viandante
o forse pellegrino
sapendo o forse supplicando
o già sperimentando
che la visione non svanisce
ma aumenta, passo
dopo passo, e in ogni cosa
tenta, domanda, sospira
fino a che diventano uno
il fuoco e chi ne cerca i prodigi
la luce e chi l’ammira
—
Zingonia Zingone
Geometrie squarciano la luce
nella verticalità dell’istante
si rivelano
frammenti d’infinito
e chiostri
rinchiusi in chiocciole d’ombra:
silenziosa preghiera illuminata
da sermoni in pietra.
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