Marcello Aversa, La Croce e la Vita, esposizione virtuale
LA CROCE E LA VITA
Esposizione virtuale
www.sorrentoweb.net/crocevita/index.html
dal 9 aprile
LA CROCE E LA VITA
Marcello Aversa
La Vita vince sempre la morte, è questo il messaggio che Dio ci chiede di annunciare. Con umiltà, ho cercato di farlo attraverso questa mostra “virtuale” realizzata grazie alla disponibilità e la professionalità di alcuni amici, ai quali va tutta la mia gratitudine.
Più che una mostra “La croce e la vita” vuol essere un atto di fede, con il quale cerco di raccontare, attraverso le mie croci in creta, la Storia della salvezza.
Essa nasce dalla consapevolezza che senza il “passaggio” dalla croce Gesù, nonostante lo stupore suscitato da Cana al Getsemani , probabilmente sarebbe stato dimenticato dalla storia e, soprattutto, non ci avrebbe dato la speranza che dopo la morte, il nostro “viaggio” prosegue, anche se in una dimensione qualitativamente diversa.
In fondo, anche noi abbiamo provato e continuiamo a provare il dolore dei “chiodi”, e forse, mai come in questo momento, li sentiamo ancor di più penetrare la nostra carne.
Costretti ad una “clausura” forzata, siamo lontani dai nostri affetti, dalle nostre attività, dal nostro lavoro, dalle nostre relazioni sociali e giorno per giorno attendiamo un “bollettino” che ci parla di persone isolate, di contagiati, di morti, morti a cui i parenti e gli amici non possono fare nemmeno un’ultima carezza prima che intraprendano il loro viaggio verso “Casa”.
Tutto questo ci mette a dura prova, ma se la croce ci accompagna, non come oggetto ornamentale, ma come “credo”, pur nelle nostre fragilità umane, tutto diventerà più sopportabile, perché quell’incrocio di legno, anche se sporco di sangue, ci invita a guardare al di là del visibile.
UN MONDO DI TERRA, ACQUA, FUOCO
Cesare Avanzi
Conduttore TV 2000
L’opera di Marcello Aversa è un mondo fatto di terra, acqua e fuoco in cui l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo giocano a sfiorarsi in continuazione. Contemplarla significa accettare di perdersi.
Mi ricorda tanto la nota poesia di William Blake: “Vedere il mondo in un granello di sabbia / e un paradiso in un fiore selvaggio, / tenere nel palmo della mano l’infinito / e l’eternità in un’ora”.
Trovo che ci sia un mistero che avvolge ogni creazione di Marcello: quello dell’equilibrio. Non solo quello meramente architettonico, che ci fa chiedere in che modo questi multiformi mondi di terracotta possano restare in piedi. Più di tutto, c’è una curiosa dualità fra l’equilibrio delle parti, la compostezza delle forme, l’armonia – tutta apollinea – di questi minuscoli corpi, e il disequilibrio che li ha generati, cioè quell’inquietudine – tutta dionisiaca – che si fa interprete del caos proprio dell’animo umano. Un’inquietudine che lascia una sua traccia in quelle croci che diventano rami che sorreggono uomini che portano croci, in quel fluire continuo e costante che porta l’attenzione dello spettatore a ondeggiare continuamente fra le parti e il tutto.
Ma la parola equilibrio ci riconduce innanzitutto allo stato della bilancia, in cui le due parti in gioco sono gravate da un uguale peso. E pensando a Marcello, queste parti mi sembrano evidenti: lo scultore, abile interprete dell’uomo contemporaneo (nelle sue opere non si fa sfuggire nemmeno le mascherine, perpetua costante dell’era Covid-19), e il credente, interprete dell’uomo universale, delle sue domande e delle sue speranze.
L’INNO ALLA VITA DI MARCELLO AVERSA
Giovanni Gazzaneo
L’Albero della vita torna alla vita, grazie a Marcello Aversa, l’erede più originale della tradizione del Settecento napoletano. Le sue straordinarie croci di terra e di fuoco ci stupiscono e ci invitano a contemplare il simbolo dell’incontro tra vita e morte, tra terra e cielo, tra condanna e salvezza. Un’unica storia di bellezza straordinaria perché capace di abbracciare la gioia e il dolore, la purezza dell’infanzia e l’abisso del male che inchioda il figlio di Dio sul Golgota fino alla luce del Risorto. Opere che nella loro verticalità portano lo sguardo in un vortice ascensionale che solo i mistici conoscono.
Il maestro di Sorrento ha fatto della miniatura lo stile della sua incredibile arte, per meglio rispondere a Colui che da infinitamente grande sceglie di farsi infinitamente piccolo, al Creatore che si fa creatura, all’Onnipotente che si fa figlio nel seno di una donna. Le sue opere sono visioni mentali, egli contempla quel che è avvenuto duemila anni fa e ce lo ripropone in straordinarie immagini. Il microcosmo di Aversa è invito alla ricerca, a meravigliarsi a passo (o meglio a sguardo) lento, a soffermarsi su quei particolari che richiedono tempo e che altrimenti sfuggono. In questo esercizio di miniatore, il dettaglio non si perde, ma viene esaltato, come il mistero a cui rimanda perché nelle sue opere imprime il respiro stesso della terra. I suoi microcosmi di creta assumono le sfumature e lo splendore di quel colore primordiale che è luce ed energia.
La grande perizia con cui realizza i suoi personaggi in miniatura è un invito a farsi piccoli per incontrare Colui che si è fatto piccolo per poterci abbracciare, guardare, esserci amico.
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